La spesa italiana delle imprese in formazione professionale continua non brilla, ma viene considerata un supporto rilevante alle strategie e al cambiamento. A dirlo sono sei aziende su dieci, secondo quanto emerge da una ricerca che Asfor e Cfmt hanno condotto su un campione di 100 aziende grandi e medio grandi dove sono impiegati oltre un milione e 300mila lavoratori.
I manager hanno spiegato che cresce l’esigenza di sviluppare modelli e soluzioni di formazione capaci di coinvolgere, mobilitare energie e fare leva su processi di collaborazione per innovare, comprendere e rappresentare il cambiamento, affrontare e risolvere problemi, sviluppando o rinforzando al contempo valori e capacità complesse sul piano individuale e collettivo. Il vicepresidente vicario di Asfor e coordinatore scientifico della ricerca, Marco Vergeat sottolinea come «le strategie di apprendimento si dimostrano, in questa prospettiva, uno strumento capace di supportare il raggiungimento di un determinato obiettivo e funzionali a generare il nuovo. Forniscono inoltre una risposta ai bisogni di competenza nella digital innovation».
Cambia lo stile della leadership e cambiano anche i profili indispensabili alle imprese per competere con successo sui mercati. I manager del futuro dovranno dimostrare maggiore capacità di imprenditorialità, elaborazione e condivisione degli obiettivi, riconoscimento e promozione del cambiamento, gestione di team e integrazione generazionale, collaborazione.
Ma cosa dicono gli intervistati? Tra i principali driver di contenuto per la formazione del management attuale e del futuro prossimo vi sono lo sviluppo della leadership (riconosciuta dall’85% dei rispondenti di rilevanza elevata o molto elevata), l’ innovazione e un approccio strutturato al cambiamento (che ottiene l’81% dei consensi), la gestione e valorizzazione dei collaboratori (riconosciuto dal 78% come un set di contenuti di rilevanza elevata o molto elevata), l’interazione del cliente con l’azienda (alla quale viene accordato un 59%) e le skills manageriali di base (con un 66% di rilevanza).
Nell’analisi entrano anche «la rivoluzione digitale e la crescente presenza di filiere globali che stanno trasformando alla radice i modelli di business delle imprese e le loro forme di organizzazione – interpreta Enzo Rullani, direttore T-LAB CFMT – muovendo verso l’open innovation collaborativa, la deverticalizzazione delle vecchie piramidi organizzative, lo sviluppo di maggiore autonomia decisionale e responsabilità a tutti i livelli, passando dalla logica dei silos funzionali o divisionali, rigidamente separati tra loro, a quello dei team, dei progetti, delle competenze trasversali e delle collaborazioni esterne».
Quanto alle modalità con cui la formazione dei manager e degli alti potenziali viene realizzata, i dati evidenziano come alle tradizionali attività in aula e ai workshop è riconosciuta una rilevanza elevata o molto elevata, rispettivamente per l’80% e il 61%, mentre le altre soluzioni, che includono blended e-learning e e-learning totalmente autogestito, sono molto meno gettonate (dal 29% al 14%). L’e-learning viene considerata un’attività limitata e supportata da una tecnologia insufficiente e poco abile nel generare un’esperienza di apprendimento soddisfacente. Nei prossimi anni l’evoluzione delle metodologie dovrà tenere conto di alcuni vincoli fondamentali: come il tempo, risorsa sempre più scarsa e preziosa, la qualità dell’esperienza di apprendimento che dovrà dimostrare di essere pregnante rispetto al business e capace di valorizzare le esperienze possedute e la necessità di far lavorare le persone in modo collaborativo e creativo per progettare nuove soluzioni e apprendere o rinforzare competenze complesse.
«Il quadro che si sta delineando evidenzia sempre di più la crescita della responsabilizzazione diretta degli individui verso il proprio sviluppo e la propria formazione – aggiunge Vergeat -. Ci si sta muovendo da una parte verso un’offerta di apprendimento di conoscenze e basic manageriali sempre più accessibile e on demand, dove in un futuro ad essere sfruttati saranno sistemi e soluzioni digitali, con modelli e strategie di apprendimento inevitabilmente deterministiche e moderatamente blended».
Da Il Sole 24 Ore di Cristina Casadei