Al di là d’utopie e distopie, il futuro del lavoro corre sul filo del rasoio per l’avvento di un’economia e di una società tecnologiche come mai s’erano viste sul pianeta. La quarta rivoluzione industriale combina le nuove tecnologie disponibili: beni e servizi hi-tech a mezzo di tecnologie hi-tech. Se il futuro robotizzato segnerà il tramonto del lavoro umano o se, piuttosto, libererà l’uomo dai lavori più penosi e ripetitivi, dipenderà da quanto élites e governi sapranno fare in questi anni.
Non è veroche non possiamo fare niente per ridurre le insidie e per cogliere appieno le opportunità tecnologiche. Il progresso tecnologico può essere gestito al meglio per il mondo economico e del lavoro: è pane per classi dirigenti capaci di strategie inclusive di sviluppo.
Da circa trent’anni, sul tavolo giace, quasi stantia, la proposta di reddito di cittadinanza come panacea, rimedio universale alle incertezze e ingiustizie presenti e future. La maggioranza degli italiani è però contraria e i sindacati l’hanno respinta a più riprese, con un’argomentazione divenuta trasversale, da sinistra a destra: non spinge lavoro, meglio incentivi e sgravi fiscali per il lavoro, investimenti 4.0. e formazione del capitale umano. Soprattutto ora che il futuro del lavoro è preso nell’orizzonte tecnologico e richiede scelte oculate. Tra le criticità, c’è una possibile riduzione del lavoro a causa dell’automazione robotica e digitale, ma anche una sua trasformazione (il rapporto uomo-macchina), mentre, tra le opportunità, c’è da creare un’occupabilità che combaci con la creazione di lavoro in nuovi settori, prodotti e servizi.
Punto primo: bisogna scommettere sul futuro già nel presente, sul nuovo lavoro, 4.0. La sua digitalizzazione è nelle corde dei giovani. Li abbiamo socializzati al mondo digitale con giochi, app e social network. Ora diamo loro un lavoro 4.0. L’Agcom ci segnala che il 92% dei giovani usa Internet, contro il 33% dei più anziani. L’età media degli occupati è cresciuta da 39 anni del 2003 agli attuali 44. Mentre nell’ultimo quarto di secolo gli occupati tra i 24 e i 35 anni sono diminuiti del 34%, i lavoratori tra i 55 e i 64 anni sono aumentati del 100%. E’ un cambiamento antropologico del mondo del lavoro. Sul lungo periodo, è probabile che l’invecchiamento della popolazione (bassa natalità e longevità), oltre che dai progressi biomedici, sarà compensato dalle nuove tecnologie. Tuttavia, l’invecchiamento degli occupati paga dazio in questa delicata transizione di medio periodo verso la tecno-economia: a esempio, con una minor propensione all’innovazione della nostra struttura occupazionale. Per giunta Papa Francesco ha detto che “ è stolto far lavorare troppo i vecchi e poco i giovani”. Il tasso di disoccupazione tra i 50 e i 64 anni è al 6%, metà di quello medio nazionale. Quello dei giovani balla attorno al 40%.
Punto secondo: è necessario redistribuire il lavoro agendo sul ciclo di vita lavorativa, con politiche attive adeguate all’inserimento di giovani formati, alimentato dall’abbattimento del cuneo fiscale per i primi 3 anni, come sostenuto da Confindustria. Sarebbe più giusto proporre un qualche reddito di cittadinanza per i sessantenni, come incentivo al turn over generazionale, piuttosto che prevederlo come una ciambella di salvataggio in prevalenza per giovani disoccupati e neet, per i quali, al contrario, occorre un lavoro al passo con i tempi. In fondo, anche sul piano storico, la pensione cos’è se non un reddito di cittadinanza sociale e lavorativa? Una soluzione alla nostra portata sarebbe la sperimentazione di forme d’affiancamento di giovani neoassunti con lavoratori over 60, soprattutto in contesti produttivi e organizzativi in cui è prezioso trasmettere una expertise di un over 60(turn over generazionale). L’affiancamento dei due (con un tempo ridotto di lavoro) dovrebbe prevedere un recupero in busta paga, grazie all’abbattimento del cuneo fiscale.
Punto terzo: industria 4.0. è un’importante opportunità per la cultura imprenditoriale per stare nelle corde d’investimenti tecnologici e di un agire inclusivo, come richiesto alle nostre élite per dare slancio all’attuale scialba andatura inerziale. Un piano d’investimenti in capitale umano, per il lavoro 4.0 (magari in occasione del G7 Industria, a Torino), completerebbe una politica industriale che vuole cambiare passo: investimenti e abbattimento del cuneo fiscale per produttività, crescita e lavoro. Tuttavia, il percorso è impervio e da queste colonne sono stati segnalati a più riprese i gravi ritardi in cui si avvita il nostro mercato del lavoro: istruzione, rete formativa, alternanza formazione-lavoro, politiche attive d’accompagnamento, servizi al mercato del lavoro. Gentiloni e Calenda appaiono propensi a un nuovo inizio in tema di lavoro: approfittare della congiuntura favorevole, fare uno sforzo in più per trovare risorse adeguate a lavoro 4.0 e procedere come si fece per industria 4.0, inserita nella legge di Bilancio.
di Carlo Carboni, 18 luglio 2017
Da ‘Il sole 24 ore’.